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La scomparsa del faro


 
di Aldo Storace

 

Quanto sia difficile liberarsi del proprio passato lo sa il viaggiatore che, in fuga da se stesso, sbarca sull’isola che ha scelto per ricominciare a vivere, coltivando unicamente il desiderio di essere dimenticato. Ha trascorsi ingombranti, difficili da spiegare e da giustificare, eppure il microcosmo che lo accoglie, troppo preso dalla lotta per sopravvivere, non sembra rinfacciargli ciò che è stato. L’isola è minuscola, un lembo di terra di cui non sapremo il nome, ma che si intuisce trovarsi nei pressi della Sicilia; nel racconto qualcuno la definisce, non senza amarezza, ‘il sud del sud d’Italia’. Eppure sarà grazie alla rassegnazione con cui gli isolani sopportano di restarci che il nuovo arrivato riuscirà a inserirsi, vivendo come i personaggi che incontra, condividendo la modestia dei loro giorni. Di tanto in tanto, però, e malgrado gli sforzi per ricacciarlo indietro, il passato che non passa si ripresenta: allora le ombre, riaffiorando, continuano a mordere proprio come se gli anni non fossero mai passati. Anche il posto, del resto, non è quieto come sembra. Sull’isola vivono personaggi in grado di riservare sorprese e storie inconsuete, e a questo mondo piccolo il neo isolano non si sottrae. Vi partecipa, anzi, con lo spirito richiesto dalle circostanze, mosso dal desiderio di farsi accettare e fugare così i fantasmi che si porta dentro. Avrà quindi la riprova che anche la minuscola isola in cui ha scelto di restare può offrire, a chi sappia osservare, la bellezza e le miserie del mondo più vasto a cui siamo abituati, o rassegnati, a vivere.